Acque agitate

Giovani precari Italiani
Siete stufi di girare in cerca di lavoro e sentirvi rispondere: “non c’è spazio c’è la crisi”?
Vi siete accorti che lo spaccio al dettaglio e le piccole estorsioni a cui vi dedicate non vi bastano più ad arrivare a fine mese?
Siete inguaribili romantici stufi della vita grigia della città ?

ALZATE LA BANDIERA CON IL TESCHIO E LE TIBBIE INCROCIATE E ARRUOLATEVI ANCHE VOI NELLA PIRATERIA SOMALA!

L’Azienda turistica locale del Puntland Somalo vi offre una fantastica occasione di imparare un mestiere avventuroso nel meraviglioso contesto delle selvagge e remote coste del corno d’Africa, con la possibilità di guadagni consistenti e immediati.
Chi non si è stufato di sentire ogni giorno noiosi discorsi sulla crisi economica?
Il settore della pirateria è in grande espansione e non risente in nessun modo della crisi. Basta pensare che gli attacchi alle navi nelle acque dell’oceano indiano intorno al corno d’Africa sono in aumento esponenziale: se in tutto il 2008 gli arrembaggi nella zona sono stati 111, nei primi due mesi del 2009 sono già stati 79, alla faccia della crisi finanziaria!
Il problema incomincia a preoccupare i governi dei paesi che muovono il commercio internazionale. I fastidiosi attacchi dei bucanieri si verificano intorno al golfo di Aden sulla rotta che collega attraverso il canale di Suez Europa e Asia. Per farci un’idea dei dobloni in ballo basta pensare che il 90% c/a delle merci si muove via mare e, di queste, il 15% passa dal canale di Suez. E quando si tratta di commercio globale, allora sì che la comunità internazionale è pronta a rispondere compatta (Mica si tratta di diritti umani e lotta alla fame!). Così le acque antistanti la Somalia sono incrociate da una allegra brigata internazionalista: Francesi, Turchi, Pakistani, Olandesi, Inglesi, Danesi, Canadesi, Portoghesi, Spagnoli, Australiani, Neozelandesi hanno messo a disposizione la loro brava nave da guerra. Anche noi italiani abbiamo dato il nostro buon contributo con la nostra fregata Durand de la penne(sì sì è una nave italiana), naturalmente sotto la guida del faro della libertà Statunitense. I russi hanno detto che vengono anche loro, ma si sa, loro sono un po’ diffidenti e fanno da soli e non si sa se rimangono fino alla fine.

L'affolata Task Force 150. Che per il nome ci sia ispirati a un film di Chuck Norris?

Eppure nonostante questo ingorgo di naviglio da battaglia la pirateria prospera più o meno indisturbata. Perché?
Beh, intanto il tratto di mare da pattugliare, grande 600 miglia, non è così semplice da tenere d’occhio.
Poi ci sono le leggi internazionali sulla libertà dei mari che incasinano ulteriormente la situazione: ad esempio la nave è considerata giurisdizione dello stato della bandiera, che per ragioni di convenienza economica è spesso qualche paradiso fiscale caraibico e il comandante è considerato un ufficiale pubblico di questo stato.
Poi ci sono le solite fastidiose regole d’ingaggio, che si mettono sempre di mezzo ai militari quando vogliono sparare qualche colpo.
Ma il vero punto di forza dei pirati è sulla terra ferma. Il vero asso nella manica di questi moderni imprenditori del mare risiede nel fatto che vivono in una terra tra le più povere, sfortunate e violente al mondo. In Somalia da trent’anni non esiste uno stato o forma di governo stabile (Le fortune che ha certa gente! pensare che venivano da uno dei regimi più feroci dell’Africa), ma una continua guerra civile che ha fruttato alla Somalia l’ambito primo posto nella classifica degli “Stati Falliti 2008”. La competizione era agguerrita, con notevoli avversari quali Afghanistan, Iraq, Chad, Zimbabwe, ma alla fine quest’anno la Somalia l’ha spuntata!
Così il paese risulta essere l’ambiente adatto per chiunque si voglia dedicare a qualsiasi attività illecita su la larga scala. I punti di forza: totale mancanza di autorità, grande disponibilità di armi a prezzi competitivi, grande disponibilità di manodopera altamente specializzata e motivata da decenni di guerra tribale.
Nel paese i vari clan locali si danno guerra da trent’anni con il contributo finanziario e a volte anche concreto dei vicini stati come Etiopia e Kenya per il controllo di un’economia che si basa sul commercio di armi e di varie sostanze illecite.
Come se non bastasse, negli ultimi anni si è avuta una crescita nel paese di alcuni movimenti islamici più o meno fondamentalisti e anche il corno d’Africa è stato investito dalla “guerra al terrore” americana. Non che gli USA non abbiano sempre avuto un occhio di riguardo al paese, non solo in occasione del fiasco internazionale dell’operazione “Restor hope”, ma pare che anche la CIA abbia voluto dare il solito contributo alla destabilizzazione del paese.
Sembra che anche alcune società europee abbiano voluto dare una mano al martoriato popolo somalo: secondo svariate denunce e inchieste giornalistiche diverse società europee, in particolar modo italiane, hanno usato le coste somale come discariche per i rifiuti tossici, tanto non c’è nessuno che controlla (Per farsi un'idea delle schifezze successe sulle coste del corno d'Africa). Non solo, pescherecci di tutte le nazionalità hanno saccheggiato i fondali somali in barba alle leggi internazionali che tutelano le acque nazionali dei paesi e le loro riserve ittiche. Insomma si toglie ai pescatori e al popolo affamato somalo il pesce per servirlo sulle tavole dei ristoranti europei. Non so perché ma mi sembra di capire meglio come un pescatore di Bosaso possa diventare un predone dei mari…
E sì perché tutto sommato il business è redditizio, non si assaltano mica solo pescherecci e piccoli rimorchiatori. Nell’ultimo anno sono state catturate diverse navi portacontainer e addirittura una superpetroliera saudita. La maggior parte delle volte il riscatto è stato pagato dagli armatori, gente di solito con una buona disposizione di liquidi, pur di salvare l’equipaggio e il carico, e le cifre pagate oscillano spesso e volentieri intorno al milione di dollari. Nel caso della superpetroliera il riscatto ha raggiunto la cifra record di 15 milioni di dollaroni.
Sirius Star, petroliera, lunghezza 332 m, larghezza 60m, 25 uomini di equipaggio. prezzo: 15.000.000. di $

Un altro interessante bottino su cui i pirati hanno messo le mani è stato il cargo MV Faina. Questa nave battente bandiera Ucraina e del Belize, trasportava un ingente quantitativo d’armi, tra cui 33 carri armati di fabbricazione sovietica. Ufficialmente il carico era destinato al Kenya, ma secondo la denuncia dei pirati, poi confermata dalla marina usa, il reale porto d’arrivo del carico era il Sudan, altro paese teatro di una guerra civile; avete presente il Darfur?

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